Vorrei riportare come incipit di
questa settimana le prime righe di Epistulae
ad Lucilium (1, 1-2) di Seneca.
Ita fac, mi Lucili: vindica
te tibi, et tempus quod adhuc aut auferebatur aut subripiebatur
aut excidebat collige et serva. Persuade tibi hoc sic esse ut scribo: quaedam
tempora eripiuntur nobis, quaedam subducuntur, quaedam effluunt. Turpissima
tamen est iactura quae per neglegentiam fit.
Procura, o mio caro Lucillo, di
essere davvero padrone di te stesso,
di recuperare e di custodire gelosamente il tempo che finora o ti lasciavi portar
via o ti veniva sottratto o andava perduto. Persuaditi di questa verità: una parte del tempo ci è tolta, di un’altra
siamo privati senza che ce ne accorgiamo, un’altra ancora ci sfugge. Ma la perdita più vergognosa è quella che
avviene a causa della nostra negligenza.
Et si volueris attendere, magna pars vitae elabitur male agentibus,
maxima nihil agentibus, tota vita aliud agentibus. […] Fac ergo, mi Lucili,
quod facere te scribis, omnes
horas complectere; sic fiet ut minus ex crastino pendeas, si hodierno manum
inieceris. Dum differtur vita transcurrit.
E se vorrai prestare un po’ di
attenzione, ti convincerai che gli
uomini trascorrono la più gran parte della vita operando malamente, non poco
tempo facendo niente, tutti i giorni occupandosi di cose diverse da quelle di
cui uno dovrebbe occuparsi. […] Dunque, o mio Lucillo, così come tu dici, non lasciarti sfuggire un’ora sola. Se
sarai padrone del presente, meno dipenderai dall’avvenire. Si rimanda al domani
quanto si dovrebbe fare oggi, ed intanto la vita se ne va.
Seneca lo aveva già detto in De
Brevitate Vitae: noi moriamo ogni giorno un po’, poiché ogni giornata che
trascorre è un passo sul cammino che conduce alla morte; solo se sapremo far
nostro il tempo che ci appartiene, sapremo vivere saggiamente.
La vera libertà è quella
interiore e implica il pieno dominio del tempo nel quale si vive.
Seneca è qui un maestro di vita.
Il rapporto epistolare gli consente di essere anche più familiare nel tono
creando una certa intimità con il suo interlocutore (Ita fac, mi Lucili, Fac ergo,
mi Lucili). Questo, però, non esclude l’uso di un certo ritmo verbale (i verbi auferebatur aut subripiebatur aut excidebat)
legato sempre alla sfera del tempo e alle espressioni
sentenziose (Dum differtur vita
transcurrit).
Voi cosa ne pensate?
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