Ho ripreso sotto mano il testo più famoso di Torquato Tasso (1544 - 1595), La Gerusalemme Liberata.
Mi sono letta in parte la sua vita, travagliata e irrequieta soprattutto negli ultimi vent'anni passati nell'Ospedale di San Anna ('79 - 86).
Mi sono letta anche la vicenda editoriale del romanzo con i ripensamenti dell'autore, il suo ricovero, le opinioni espresse dagli otto censori e poi nuovamente la revisione e l'insoddisfazione di Tasso. A tal proposito riporto che l'edizione che utilizziamo è la seconda, quella curata dal Bonnà nel 1581, nella convinzione che che essa, benché non risponda all'ultima volontà dell'autore, ne documenti in modo attendibile e coerente un momento particolare in cui la correzione del poema, steso tra il '65 e il '75, era ormai da considerarsi compiuta. Inoltre, si parla di destino piratesco dell'opera dal momento che al momento della reclusione, circolavano numerose copie manoscritte, diverse tra loro perché espressione di successivi momenti elaborativi a cui il poeta non poteva porre un controllo serrato.
Mi sono letta, infine, anche la vicenda del titolo che, in ultima scelta dell'autore, avrebbe dovuto essere La Gerusalemme Conquistata. Tuttavia questo desiderio, così come le affannose proteste, non hanno alterarono il destino della diffusione dell'opera, la quale mantenne il titolo non d'autore e restò di gran lunga preferita nella sua forma non autorizzata dall'autore.
Propongo la lettura dell'esordio del poema:
Canto l'arme pietose e 'l capitano
che 'l gran sepolcro liberò di Cristo.
Molto egli oprò co 'l senno e con la mano,
molto soffrì nel glorioso acquisto;
e in van l'Inferno vi s'oppose, e in vano
s'armò d'Asia e di Libia il popol misto.
Il ciel gli diè favore, e sotto ai santi
segni ridusse i suoi compagni erranti
Il momento storico è il seguente: le truppe cristiane sono da sei anni in Oriente, quando Dio interviene nello svolgimento dell'azione, facendo sì che il giusto Goffredo di Buglione, unico principe cristiano a non essere lacerato da passioni mane, venga eletto comandante supremo della spedizione. Sotto la guida di Goffredo, dopo una rassegna delle trippe cristiane, l'esercito si mette in marcia verso Gerusalemme.
La Gerusalemme Liberata si apre, dunque, con questo panorama storico e con la tradizionale forma epica della protasi (prima ottava), l'annuncio della materia del poema e l'invocazione alle Musa (seconda e terza ottava - qui non presente) e la dedica (quarta e quinta ottava - qui non presente) al Duca Alfonso II d'Este.
Quello riportato sopra è l'incipit tradizionale e simile a quello di Virgilio (Arma virumque cano ...).
Tasso racconta in poesia delle armi devote (viene utilizzato l'aggettivo pietose in relazione alla pietas di Enea) e del capitano che liberò dai musulmani il venerabile sepolcro di Cristo. Egli fece molte cose e con la forza sopportò molte cose nella conquista gloriosa: si noti l'uso del vero "soffrire" che Tasso sfrutta per indicare le arti diaboliche e le armi pagane dei musulmani. E inutilmente l'Inferno si oppose a essa e inutilmente si armarono le popolazioni diverse dell'Asia e dell'Africa. Il cielo gli concesse i suoi favori e radunò i suoi compagni dispersi sotto i santi vessilli.
Si noti come a livello testuale la contrapposizione "Inferno" - "Ciel" rappresenti la forte opposizione tra valori pagani e cristiani. La formazione religiosa (e propriamente controriformistica) dell'autore influisce in tutto:
- a livello di tema, ovvero nella missione di ricompattare l'unità dei cattolici contro la Riforma luterana e contro la minaccia degli infedeli;
- a livello stilistico nel rapporto con la tradizione della letteratura classica. C'è un forte richiamo alla pietas e al senso di dovere dell'eroe virgiliano, ma nello stesso tempo tutto è calato in termini cristiani. Si parla di Inferno e di Cielo, si parlerà dell'Arcangelo Gabriele, simile nelle sue funzioni a Mercurio.
Ci riuscirà Tasso a portare avanti i valori della cristianità perduta? Non saprei dirvi.
Posso dirvi, però, cosa mi rimane della Gerusalemme Liberata. Mi rimane da un lato il senso di non-effettiva-appartenenza dell'opera al sua autore: è una possessione volatile. E, inoltre, mi rimane in mente la scena del duello Clorinda-Tancredi con la rete di amori non corrisposti e con il suo senso erotico celato. Leggete qui di seguito.
D'or in or più si mesce e più ristretta
si fa la pugna, e spada oprar non giova:
dansi co' pomi, e infelloniti e crudi
cozzan con gli elmi insieme e con gli scudi.
Tre volte il cavalier la donna stringe
con le robuste braccia, e altrettante
poi da quei nodi tenaci ella si scinge,
nodi di fier nemico e non d'amante.
Tornano al ferro, e l'un e l'altro il tinge
di molto sangue: e stanco e anelante
e questi e quegli al fin pur si ritira,
e dopo lungo faticar respira.
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