In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Questo era in principio presso Dio e compito del monaco fedele sarebbe ripetere ogni giorno con salmodiante umiltà l'unico immodificabile evento di cui si possa asserire l'incontrovertibile verità. Ma veidemus nunc per speculum et in aenigmate e la verità, prima che faccia a faccia, si manifesta a tratti (ahi, quanto illeggibili) nell'errore del mondo, così che dobbiamo compitarne i fedeli segnacoli, anche là dove ci appaiono oscuri e quasi intessuti di una volontà del tutto intesa al male.
Probabilmente è conosciuto a tutti ... ma per chi avesse qualche dubbio, questo è l'incipit di Il nome della rosa di Umberto Eco.
Si tratta di un libo uscito nel 1980 che secondo il Ceserani rappresenta "la prima, consapevole produzione di un romanzo postmoderno".
Sul piano ideologico, il romanzo storico di Eco rivela una forte messa in discussione del passato che si rivela come manifestazione della stessa legge della ripetizione, del ritorno del sempre-eguale, dell'assenza di significati che è percepibile nel presente. I significati moderni sono troppo deboli.
Sul piano letterario, il materiale storico che Eco recupera è prima di tutto piacere della scrittura e la libertà della narrazione.
Giunto al finire della mia vita di peccatore, mentre canuto senesco come il mondo, nell'attesa di perdermi nell'abisso senza fondo della divinità silenziosa e deserta, partecipando della luce inconversevole delle intelligenze angeliche, trattenuto ormai col mio corpo greve e malato in questa cella del caro monastero di Melk, mi accingo a lasciaro su questo vello testimonianza degli eventi mirabili e tremendi a cui in gioventù mi accadde di assistere, ripetendo verbatim quanto vidi e udii, senza azzardarmi a trarne un disegno, come a lasciare a coloro che verranno (se l'Anticristo non li precederà) segni di segni, perché su di essi si eserciti la preghiera della decifrazione.
La chiave ideologica del romanzo è particolare. Sono veramente così importanti i segni? Certo, i segni servono per decifrare la realtà, ma sembra che i segni poi non portino da nessuna parte: rinviano a una biblioteca scomparsa o a un libro originario perduto. Cosa rimane? Rimane quanto si conosce dai nomi, non dalla realtà delle cose. Nomina nuda tenemus, cioè teniamo i nudi nomi: solo i nomi e il linguaggio, non le cose e nemmeno la loro essenza.
Nessun commento:
Posta un commento