Ricordo di essere venuta a conoscenza di questo libro nel 2008, quando lavoravo a New York. Stavano arrivando i rispettivi ragazzi delle mie ex colleghe e coinquiline e, se non erro, uno di questi aveva portato due libri a un'altra mia ex-collega americana, appassionata di letteratura italiana.
Uno di questi era proprio Cecità di José Saramago.
Un libro agghiacciante sia per la particolarità stilistica sia per la tematica affrontata. Inutile dire che è stato uno dei libri che in assoluto ho concluso con la maggiore velocità.
E' possibile definire il suo stile narrativo con il termine magmatico fondato sul monologo interiore di derivazione joyceiana, ma anche sul gusto dell'oralità. Ve ne propongo un esempio:
... dunque, Tu ami mio marito, Sì, quanto me stessa, ma se diventassi cieca, se dopo esserla diventata non fossi più quella di prima, chi sarei per poter continuare ad amarlo, e di che amore, Anche prima, quando vedevamo, c'erano i ciechi, In confronto, pochi, i normali sentimenti erano quelli di chi vedeva, quindi i ciechi si regolavano sulla vista degli altri, non da ciechi quali erano, adesso, invece, stanno venendo fuori gli autentici sentimenti dei ciechi, e siamo appena all'inizio, stiamo ancora vivendo del ricordo di ciò che sentivamo, non hai bisogno degli occhi per sapere com'è la vita oggi, se un giorno mi avessero detto che avrei ammazzato l'avrei presa per un'offesa, eppure ho ammazzato, Allora, cosa vuoi che faccia, Vieni con me, vieni a casa nostra, E loro, Ciò che vale per te vale per loro, ma è soprattutto a te che vogliono bene, Perchè, Me lo domando anch'io il perché ...
(pp. 241 - 242)
Cecità racconta le vicende di un gruppo di persone (ma si potrebbe parlare anche di intera condizione della società e dell'umanità) affette da una strana forma di cecità tale per cui vedono tutto bianco. Tutti hanno questo deficit, tranne la moglie del medico: unica a vedere e a far sopravvivere il gruppo. E' l'unica non contagiata, nonostante l'epidemia sembri diffondersi in tutta la città. Per evitare il contagio, i "ciechi" vengono rinchiusi in uno stabile, ma la situazione diventa completamente anarchica e disumana.
... ma quando la tortura incalza, quando il corpo ci fa impazzire di dolore e angoscia, allora sì, si vede che povero animale siamo ...
(p. 243)
Tutto quello che prima poteva essere considerato come operazione semplice e di routine, ora diventa di una complessità elevatissima, diventa l'obiettivo della giornata. Gli uomini pian piano perdono parte della loro umanità e, quando il gruppo di persone riuscirà a scappare dall'edificio, potrà tornare a una certa normalità grazie alla guida della moglie del medico. Poi, improvvisamente e inspiegabilmente, tutti i ciechi guariscono, senza alcuna ragione, proprio come all'inizio della vicenda era sopraggiunta l'epidemia.
Nel 1998 Saramago ricevette il premio Nobel per la letteratura perchè con "parabole, sostenute dall'immaginazione, dalla compassione e dall'ironia ci permette continuamente di conoscere realtà difficili da interpretare". Quando ritirò il premio disse: "l'uomo più saggio ch'io abbia mai conosciuto non era in grado nè di leggere nè di scrivere".
Mi sembra che con lui si possa parlare dell'irrealtà del reale della sua problematicità.
Con l'andar del tempo, più le attivitò di convivenza e gli scambi genetici abbiamo finito col ficcare la coscienza nel colore del sangue, e nel sale delle lacrime, e, come se non bastasse, degli occhi abbiamo fatto una sorta di specchi rivolti sull'interno, con il risultsto che, spesso, ci mostrano senza riserva ciò che stavamo cercando di negare con la bocca.
(p. 19)
JOSE' SARAMAGO
Cecità
Einaudi
2008
(11,50 euro)
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