giovedì 6 dicembre 2012

La prima lettera di Jacopo Ortis: il crollo delle illusioni, ovvero il mito della giovinezza.

Sarà la giornata e sarà anche il periodo generale, ma l'incipit che mi ha suggerito la mia memoria è quello scritto da Ugo Foscolo in Ultime lettere di Jacopo Ortis.

Si tratta della prima lettera del romanzo e Jacopo si sta rivolgendo all'amico Lorenzo Alderani mentre con il Trattato di Campoformio (17 ottobre 1797), Napoleone cedeva la Repubblica veneta all'Austria. La perdita dell'indipendenza, la delusione verso la figura dello statista francese, Jacopo si ritira sui Colli Euganei, ispirato sia da ferventi ideali patriottici, ma anche da amare delusioni.

Da' colli Euganei, 11 Ottobre 1797.
Il sacrificio della patria nostra è consumato: tutto è perduto; e la vita, seppure ne verrà concessa, non ci resterà che per piangere le nostre sciagure, e la nostra infamia.

Con un andamento quasi lirico, dato dalla cadenza delle frasi (endecasillabi e quinari), Foscolo fa subito riferimento al comportamento degli italiani che non hanno difeso l'indipendenza della Repubblica. Tutto ormai è perduto. 

Il mio nome è nella lista di proscrizione, lo so: ma vuoi tu ch'io per salvarmi da chi m'opprime mi commetta a chi mi ha tradito? Consola mia madre: vinto dalle sue lagrime le ho ubbidito, e ho lasciato Venezia per evitare le prime persecuzioni, e le più feroci.

Il nome di Jacopo è ormai nelle liste delle persone condannate all'esilio. Cosa fare? Jacopo si trova davanti a una soluzione inaccettabile: sfuggire agli Austriaci consegnandosi ai traditori Francesi. Lascia la natia Venezia per sfuggire alle persecuzioni che contro di lui metteranno prevedibilmente in opera gli austriaci. Il primo pensiero è rivolto alla madre e alle sue lagrime, proprio come in diverse poesie (Un dì, s'io non andrò sempre fuggendo -  In morte del fratello Giovanni). 

Or dovrò io abbandonare anche questa mia solitudine antica, dove, senza perdere dagli occhi il mio sciagurato paese, posso ancora sperare qualche giorno di pace? Tu mi fai raccapricciare, Lorenzo; quanti sono dunque gli sventurati?


Rileggendo questo passo mi viene in mente la poesia Alla sera e soprattutto i versi: "Forse perché della fatal quiete / Tu sei l'imago a me sì cara vieni [...] Delle cure onde meco egli si strugge; / e mentre io guardo la tua pace, dorme / quello spirito guerrier ch'entro mi rugge). In questo passaggio, Jacopo sta facendo riferimento a una lettera di Lorenzo in cui il protagonista veniva informato delle prime persecuzioni contro i patrioti. 

E noi, pur troppo, noi stessi italiani ci laviamo le mani nel sangue degl'italiani. Per me segua che può.

Con la ripetizione del "noi", Foscolo sottolinea la responsabilità collettiva degli italiani nell'aver permesso che certe cose accadessero. Questo codardo comportamento viene reso con un'immagine molto suggestiva: il lavarsi le mani con il proprio sangue nazionale, ovvero il fregarsene sacrificando connazionali. A questo punto, accada pure quel che deve accadere. 

Poiché ho disperato e della mia patria e di me, aspetto tranquillamente la prigione e la morte. Il mio cadavere almeno non cadrà fra le braccia straniere; il mio nome sarà sommessamente compianto da' pochi uomini buoni, compagni delle nostre miserie; e le mie ossa poseranno su la terra de' miei padri.

Attenzione al verbo disperare e al suo senso. Qui Foscolo lo utilizza sfruttando il suo significato etimologico che, assieme all'utilizzo coordinante dell'elenco, rende l'inizio di questa frase estremamente lirica. Ha perduto ogni speranza sia per le sorti della patria, sia per quelle personali. Unica consolazione è che, fuggendo dagli Austriaci, il suo cadavere non verrà da loro catturato
Nelle ultime righe, vengono preannunciati i temi della morte e del suicidio, ma anche il desiderio che la propria vita sia prolungata nel ricordo dei pochi buoni  e che le sue ossa possano quietarsi nella terra natia. 

CONSIDERAZIONI FINALI
Provate a pensare a una persona che porta con sé uno spirito guerriero, ma che non riesce più a trovare una possibilità di riscatto. L'amore, la politica e la poesia: questi tre elementi nella vita di Jacopo diventano illusioni impossibili da realizzare. Non esiste più un qualcosa che possa portare equilibrio e il giovane Ortis si suicida. Con lui cade anche il mito della giovinezza che, anche se non propriamente catartica, diventa l'occasione per altri miti, quali quelli della rinuncia, del distacco, della perdita e della tomba.

Voi non trovate parallelismi con l'attualità? 

3 commenti:

  1. Bello, utile e corto = Commento perfetto

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  2. Utilissimo! Bravissima, potresti farlo anche su qualche altra lettera dell'ortis? Comunque complimenti.

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