venerdì 24 maggio 2013

Catullo ovvero la colta trasgressione poetica del sentire di un giovane romano

Per la scelta di questa settimana, mi è venuto in mente il primo carme di Catullo. Ve lo riporto:

Cui dono lepidum novum libellum 
arida modo pumice expolitum
Corneli, tibi: namque tu solebas 
meas esse aliquid putare nugas 
iam tum, cum ausus es unus Italorum 
omne aevum tribus explicare cartis 
doctis, Iuppiter, et laboriosis. 
Quare habe tibi quidquid hoc libelli 
qualecumque; quod, o patrona virgo, 
plus uno maneat perenne saeclo.


Prima di indicarvi la traduzione, vorrei proporre due o tre spunti di riflessione.

In primo luogo, il Liber di Catullo si apre con una dedica all'amico e conterraneo Cornelio Nepote, lo storico (Corneli, tibi). In modo singolare, Catullo invece di dichiarare l'argomento e la finalità della propria opera, sembra soffermarsi esclusivamente sull'aspetto esteriore: un libretto inteso come oggetto elegante, piacevole da guardare.  
E' un libretto novus, di ridotte dimensioni (libellum), grazioso e attraente (lepidus): la novità risiede nel fatto che è qualcosa di diverso in fatto di poetica e di ispirazione dal momento che quest'ultima non è solo più connessa al lepos ovvero alla grazia spiritosa, all'eleganza o alla brevitas della tradizione romana. Ecco, dunque, comprensibile il riferimento, fin troppo amichevole, rivolto a Cornelio Nepote attraverso tre caratteristiche: brevitas (tre soli libri per tutta la storia  d'ogni tempo, omne aevum tribus explicare cartis), la doctrina e il labor (doctis, Iuppiter, et laboriosis), ovvero i requisiti fondamentali della poesia neoretica

Ora questo non vuol dire che l'opera catulliana sia un qualcosa di leggero in termini stilistici: questa, infatti, si presenta come "levigata" e "lisciata" nella sua morfologia testuale (pumice expolitum). Contemporaneamente, però, questa fermezza si alterna a una certa giocosità spontanea, come, ad esempio, nel riferimento a Cornelio Nepote. 
Un ultimo importante esempio di alternanza tra serietà e giocosità è la seguente: Catullo prima chiama nugae (sciocchezze, scherzi poetici leggeri) i suoi componimenti, ma dopo il tono leggero e scherzoso scompare e augura perenne vita alla propria opera, sotto il tradizionale patrocinio della Musa (quod, o patrona virgo, plus uno maneat perenne saeclo).

Dal punto di vista stilistico, il metro utilizzato, endecasillabi faleci, è di ispirazione alessandrina (il poeta di riferimento è Callimaco). La figura retorica che primeggia su tutte è la metafora (v. 2): Catullo ha levigato la sua produzione poetica con l'accurata scelta linguistica e con il riferimento alla tradizione alessandrina. Inoltre, si sottolinea un'allitterazione (v. 1 e 2) con lepidum, libellum, expolitum.
Qui di seguito la mia traduzione. 

A chi dedico questo nuovo libretto amabile
lisciato con lastra di pomice?
A te, oh Cornelio: infatti tu solevi 
ritenere che questi miei scherzi fossero piccole cose,
già allora quando tu osasti, unico tra gli Italici,
scrivere la storia di ogni tempo in tre libri, ricchi di scienza, 
per Giove, di laboriosità e impegno.
Quindi accetta qualunque cosa del libretto
così come è; il quale, o Vergine Musa,
possa rimanere perenne per più di una generazione.

Mi permetto di aggiungere un'ultima osservazione che già si comincia a intravedere in questo carme, la logica della contraddizione in Catullo. Nella sua particolare, giovane e trasgressiva dichiarazione di poetica, il poeta si accorge di non dover utilizzare lo scire razionale, bensì quello del sentire. Ora quando si dice "sentire" non è che direttamente il concetto deve portare alla sfera semantica del "sentimentalismo", bensì a quella del "conoscere attraversi i sensi". 
E' questa la strada intrapresa da Catullo, una strada completamente opposta alla logica razionale in cui, secondo il principio aristoteliano di non contraddizione, se qualcosa è A non può essere contemporaneamente non-A. Per Catullo, invece, è possibile. Ecco perché lui può amare e odiare contemporaneamente. 




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