Questa
settimana vi propongo uno degli incipit più conosciuti dagli italiani, anche
perché sono sicura che tutti l'hanno studiato!
Premetto che non si tratta propriamente dell'incipit, dal momento che il romanzo inizia ufficialmente con un prologo (giustificazione letteraria del narratore), bensì dell'inizio del primo capitolo.
"Quel ramo del lago di Como ... ". Eccovi I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni.
CAPITOLO I
(breve analisi dell'incipit)
Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due
catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello
sporgere e del rientrare di quelli, vien quasi a un tratto, tra un promontorio
a destra e un'ampia costiera dall'altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le
due rive par che renda ancor più sensibile all'occhio questa trasformazione e
segni il punto in cui il lago cessa, e l'Adda ricomincia per ripigliar poi nome
di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l'acqua distendersi e
rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni.
Si tratta di un inizio perfetto ed estremamente studiato dal Manzoni. Come se fosse un geografo o un naturalista, l'autore descrive dal vero quanto gli si presenta davanti. Inoltre, l'utilizzo dell'aggettivo dimostrativo (quel) rende lo spazio reale: in altre parole, il territorio di Lecco fra le Alpi di Orobie e i monti della Brianza diventa per il lettore il teatro dell'azione.
Ma è la prospettiva a essere il colpo geniale di Manzoni: l'occhio del narratore sceglie gli elementi del paesaggio e conferisce alla descrizione il senso del movimento. Monti, fiumi, città e borghi sono gli spazi della storia visti dall'alto.
Si noti, infine, la simmetria interna a disposizione incrociata delle coppie "a seni e a golfi" - " in nuovi golfi e in nuovi seni".
La costiera, formata dal deposito di tre grossi torrenti, scende
appoggiata a due monti contigui, l'uno detto di San Martino, l'altro, con voce
lombarda, il Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fila, che in vero lo fanno somigliare
a una sega: talchè non è chi, al primo vederlo, purchè sia di fronte, come per
esempio di su le mura di Milano che guardando a settentrione, non lo discerna
tosto, a un tal contrassegno, in quella lunga e vasta giogaia, dagli altri
monti di nome più oscuro e di forma più comune.
Da notare la conclusione del pensiero caratterizzato dal parallelismo dei due aggettivi vaghi e indefiniti come "oscuro-comune".
Per un buon pezzo, la costa sale con un pendìo lento e
continuo; poi si rompe in poggi e in valloncelli, in erte e in ispianate, secondo
l'ossatura de' due monti, e il lavoro dell'acque. Il lembo estremo, tagliato
dalle foci de' torrenti, è quasi tutto ghiaia e ciottoloni; il resto, campi e
vigne, sparse di terre, di ville, di casali; in qualche parte boschi, che si
prolungano su per la montagna. Lecco, la principale di quelle terre, e che dà
nome al territorio, giace poco discosto dal ponte, alla riva del lago, anzi
viene in parte a trovarsi nel lago stesso, quando questo ingrossa; un gran
borgo al giorno d'oggi, e che s'incammina a diventar città.
Dallo spazio geografico della storia, si passa a quello topografico del romanzo. E la prospettiva sembra abbassarsi fino a giungere a Lecco che quasi lega la parte geografica con quella topografica facendo incamminare il lettore nello spazio del romanzo.
Ai tempi in cui accaddero i fatti che prendiamo a raccontare,
quel borgo, già considerabile, era anche un castello, e aveva perciò l'onore d'alloggiare un comandante, e il vantaggio di
possedere una stabile guarnigione di soldati spagnoli, che insegnavan la
modestia alle fanciulle e alle donne del paese, accarezzavan di tempo in tempo
le spalle a qualche marito, a qualche padre; e, sul finir dell'estate, non
mancavan mai di spandersi nelle vigne, per diradar l'uve, e alleggerire a' contadini
le fatiche della vendemmia
L'apertura storica accenna alle trame di soprusi e di violenze del racconto e insieme allude alla contemporaneità. Non si dimentichi, infatti, che il lettori del 1827 o del 1840 invece del dominio degli spagnoli soffrivano quello degli austriaci. Molto bello è il procedimento per antitesi: esprimendo un qualcosa di opposto rispetto a quanto si vuole dire, Manzoni rende ironicamente (accarezzare) la logica del potere e rimanda a un universo sociale diviso in oppressi e oppressori.
Dall'una all'altra di quelle terre, dall'alture alla riva, da
un poggio all'altro, correvano, e corrono tuttavia, strade e stradette, più o
men ripide, o piane; ogni tanto affondate, sepolte tra due muri, donde, alzando
lo sguardo, non iscoprite che un pezzo di cielo e qualche vetta di monte; ogni
tanto elevate su terrapieni aperti: e da qui la vista spazia per prospetti più
o meno estesi, ma ricchi sempre e sempre qualcosa nuovi, secondo che i diversi
punti piglian più o meno della vasta scena circostante, e secondo che questa o
quella parte campeggia o si scorcia, spunta o sparisce a vicenda.
La prospettiva diventa più dinamica. Il rapido spostarsi della visuale che corre seguendo l'intrecciarsi e i ramificarsi, lo scendere e il salire delle stradette, moltiplica i punti di vista grazie a inquadrature e scorci. Inoltre, non si dimentichi la dimensione itinerante del romanzo: il viaggio e le avventure dei due protagonisti.
Dove un pezzo, dove un altro, dove una lunga distesa di quel
vasto e variato specchio dell'acqua; di qua lago, chiuso all'estremità o
piùttosto smarrito in un gruppo, in un andirivieni di montagne, e di mano in
mano più allargato tra altri monti che si spiegano, a uno a uno, allo sguardo, e
che l'acqua riflette capovolti, co' paesetti posti sulle rive; di là braccio di
fiume, poi lago, poi fiume ancora, che va a perdersi in lucido serpeggiamento
pur tra' monti che l'accompagnano, degradando via via, e perdendosi quasi anch'essi nell'orizzonte.
Continua il movimento ("andirivieni" e "serpeggiamento") e la costruzione del periodo è tale da iniziare con un indicatore spaziale ("dove") ripetuto tre volte che indica un qualcosa di generico seguito da due altri indicatori spaziali ("di qua" e "di là") che, invece, portano a una più precisa ubicazione (biforcazione).
Il luogo stesso da dove contemplate que' vari spettacoli, vi
fa spettacolo da ogni parte: il monte di cui passeggiate le falde, vi svolge, al
di sopra, d'intorno, le sue cime e le balze, distinte, rilevate, mutabili quasi
a ogni passo, aprendosi e contornandosi in gioghi ciò che v'era sembrato prima
un sol giogo, e comparendo in vetta ciò che poco innanzi vi si rappresentava
sulla costa: e l'ameno, il domestico di quelle falde tempera gradevolmente il
selvaggio, e orna vie più il magnifico dell'altre vedute.
Prima di passare alla sequenza di Don Abbondio, Manzoni mette a fuoco il luogo dell'azione all'interno del paesaggio e congedandosi dalla sua magnificenza ("vari spettacoli", "spettacolo" e "magnifico dell'altre vedute"), riconduce il discorso con toni più domestici e quotidiani.
Che dire?
Io trovo tutto il primo capitolo un capolavoro sotto tutti i punti di vista: sintattico, semantico, linguistico e stilistico. Per me è come un'enciclopedia. Ogni volta che lo rileggo trovo sempre un qualcosa che non avevo colto prima. Se procederete nella lettura, troverete una serie di termini coniati dal Manzoni che sono unici. Solo in un altro autore ho trovato una tale complessità sintattica: Gadda. E non a caso, Gadda era un grande estimatore del Manzoni.
Vorrei, infine, far notare la perfetta chiusura dell'intreccio narrativo che interessa proprio la dimensione spaziale dei monti, dei fiumi e della casa natìa. Nell'ottavo capitolo, lo spazio del racconto, ovvero il borgo, cambia. Manzoni per rendere tale cambiamento un distacco anche per il lettore riporta i pensieri di Lucia: "Addio, monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo [...] Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontan! [...] Ma chi non aveva mai spinto al di là di quelli neppure un desiderio fuggitivo [...] Addio, casa natìa [...] Addio, casa ancora straniera [...] Addio, chiesa ..."
Di tal genere, se non tali appunto, erano i pensieri di Lucia, e poco diversi i pensieri degli altri due pellegrini, mentre la barca gli andava avvicinando alla riva destra dell'Adda.
Magistrale, Manzoni. In tutto.
ALESSANDRO MANZONI
I Promessi Sposi
a cura di Ezio Raimondi e Luciano Bottoni
Principato - Leggere la narrativa
(collana a cura di Salvatore Guglielmo)
1997 - ottava edizioneALESSANDRO MANZONI
I Promessi Sposi
a cura di Ezio Raimondi e Luciano Bottoni
Principato - Leggere la narrativa
(collana a cura di Salvatore Guglielmo)
(38000 lire!!!)
Sto disperatamente cercando questa edizione dei promessi sposi!!! La vendi o conosci qualcuno che me la venderebbe???
RispondiEliminaCiao Valentina,
Eliminasono in possesso di questa edizione, ma non la vendo (è molto ben fatta). Provo a chiedere alle mie compagne del Liceo e ti faccio sapere. Ok?